Queenstown (Oggi nota come Cobh) fu l’ultimo scalo del transatlantico prima di navigare in mare aperto nell’Oceano Atlantico.
Il Titanic, tecnicamente RMS Titanic, il più grande e lussuoso transatlantico al mondo garantiva un fascino senza tempo. Così salire a bordo era un vanto, un privilegio per quanti volessero chiudere con il passato e avventurarsi verso il nuovo mondo. Lo pensavano anche le persone pronte a imbarcarsi dal porto di Cobh. Poco più di un centinaio salirono in terza classe, con gli occhi pieni di stupore e la valigia piena di sogni. D’altronde l’America significava cambiar vita. Stesse emozioni, probabilmente, provate dai sette passeggeri di seconda classe e dai tre della prima. Ma si sa non si parte da soli, a dare l’addio arrivarono in massa. A Cobh, allora la città si chiamava Queenstown, il Titanic fece l’ultima fermata davanti a un gran numero di curiosi.
Passeggeri nel porto di Cobh
Correva il 10 aprile 1912 quando le navi in porto facevano da spola trasportando i passeggeri verso il Titanic, ormeggiata al largo. Persone ma anche posta salparono a bordo di quel meraviglioso transatlantico, concepito sin dal 1907, insieme alle navi gemelle: l’Olympic, il Titanic e il Gigantic (che successivamente prese il nome di Britannic dopo la catastrofe del Titanic). Dai cantieri di navali di Belfast, in Irlanda del Nord, Harland & Wolff a quel viaggio inaugurale dopo il varo nel maggio 1911, il Titanic vantava una costruzione in tempi record per l’epoca. Da Southampton, in Inghilterra, le tappe furono Cherbourg, in Francia, e successivamente Cobh (co. Cork), in Irlanda, prima di lasciare l’Europa e navigare in mare aperto nell’Oceano Atlantico. A bordo c’erano emigranti irlandesi, alloggiati nella terza, che avevano riposto speranze in quel gigante dei mari al pari di chi il transatlantico lo governasse. Il Titanic lasciò Cobh probabilmente senza aver garantito tutte quelle “prove in mare” che una nave necessita perché anche gli armatori volevano evidenziare il proprio “gioiello” nei confronti della concorrenza. Per farlo occorreva attraversare l’Atlantico decantando un primato temporale. Non fu un caso se il comandante Edward John Smith diede l’odine di spingere le macchine al massimo. Ma il tentativo, durato alcuni giorni, garantì una navigazione piuttosto notevole e forse anche troppo da non evitare l’impatto con l’iceberg.